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Breve Cronologia della Vita di Suger 1111, maggio. Adamo, abate di Saint-Denis, esente da vari diritti d'autore la Casa della Cappellania. Suger si iscrive come prevosto di Toury. 1114. Adamo, abate di Saint Denis, dona alla chiesa e ai canonici di Saint-Paul la vicina chiesa di Saint-Pierre. Suger si iscrisse come suddiacono e monaco di Saint-Denis. 1122. Louis il Grosso, su richiesta di Suger, abate di Saint-Denis, rinuncia a certe usanze ed esazioni che ha preso per diversi anni sugli abitanti di questa città, e conferma altre concessioni concesse all'abbazia dai suoi predecessori. 1123. Vulgrin, arcivescovo di Bourges, sostiene Suger e loro religioso di Saint-Denis in possesso della chiesa di Estivareilles, a seconda del priorato di La Chapelaude. 1124. Louis il Grasso dichiara di essere andato a prendere lo stendardo di mani dell'Abate Suger, e concede alla sua abbazia, in riconoscimento della protezione dei santi Martiri, nuovi privilegi. 1124. Valérien de Breteuil informa il re che è tornato dall'abate Suger alcuni terreni situati nell'Orléanais, che ha riconosciuto appartengono alla chiesa di Saint-Denis. 1124 (circa). Avverte l'arcidiacono di Laon, l'abate Suger e il capitolo di Saint-Denis che restituì a Pierre la cura di Rosbois, monaco e prevosto della loro abbazia. 1125, 4 marzo. Barthélemy, vescovo di Laon, dona all'abbazia di Saint-Denis, su richiesta di Suger, le chiese di Sorbais e Autreppes. 1125. Accordo tra Suger e Mainard, conte di Mosbach, in base al quale quest'ultimo cedeva a Saint-Denis un priorato situato nel paese di Messin, in cambio del dominio di Blitersdof, che i suoi predecessori avevano preso all'abbazia. 1125. Conte dato a Suger, da Mathieu le Bel, di roccaforti di Villiers-le-Bel, Soisy e pochi altri. 1126, 5 settembre. Barthélemy, vescovo di Laon, cede all'abbazia di Saint-Denis, in considerazione della persona di Suger, la piena proprietà della chiesa di Rosbois. 1127 (circa). Attraverso l'intervento di Suger, Étienne, vescovo di Parigi, e il suo capitolo concordano di stabilire alcune norme di disciplina ecclesiastica. 1129 (circa). Étienne, vescovo di Parigi, a seguito di un'indagine e di una sentenza, restituisce il monastero di Argenteuil all'abate Suger per ristabilirvi i suoi monaci. 1129 (circa). Comanda Mathieu, vescovo di Albano, legato della Santa Sede a Suger per far trasferire le monache di Argenteuil in altri conventi e sostituirli con monaci di Saint-Denis. 1129, Pasqua. Louis le Gros e suo figlio Philippe, accogliendo le pretese di Suger in relazione al monastero di Argenteuil, ordina che l'abate di Saint-Denis riceva il possesso di questa casa e dei suoi annessi. 1129, 23 aprile. Papa Onorio II, in una bolla indirizzata a Suger, confermò la restituzione del monastero di Argenteuil all'abbazia di Saint-Denis. 1130. 1 novembre Barthélemy, vescovo di Laon, dichiara che Suger cedette ai canonici di Clairfontaine un terzo delle decime di Sorbais, contro alcune royalties in natura. 1130, 2 novembre. Papa Innocenzo II invia conferma all'abate Suger dalla bolla di Onorio II, relativa al monastero di Argenteuil. 1130. Jean, vescovo di Séez, dichiara che Hugues des Préaux e Judith, sua madre, hanno ammortizzato i terreni di La Mainardière a beneficio dell'abbazia di Saint-Denis e del priorato di Sainte-Gauburge, e che in cambio l'abate Suger li ha sollevati delle loro quote al suddetto priorato. 1131, 9 maggio. Innocenzo II, su richiesta di Suger, conferma le donazioni e i privilegi concessi all'abbazia di Saint-Denis dai papi, dai suoi predecessori e dai re di Francia. 1131, 2 novembre. Innocenzo II conferma, su richiesta di Suger, la sentenza del legato Mathieu, vescovo di Albano, che condanna l'abate di Saint-Mihiel de Salonne a pagare annualmente cinque marchi d'argento all'abbazia di Saint-Denis. 1126-1131 Lo attesta Mathieu, vescovo di Albano, legato della Santa Sede a cui il re Luigi VI rinunciò, alla presenza di Suger e diversi prelati, ai suoi diritti sulla terra nel priorato di Saint-Martin des Champs, situato a Pontoise. 1135, 14 febbraio. Accordo tra il Soggetto e Giroine de Matheiaco, secondo cui quest'ultimo e il priore di Reuilly eleggeranno congiuntamente un sergente per la terra di loro proprietà comune. 1136. Suger e Pierre, ciambellano dell'abbazia, concedono l'altare e la chiesa di Ais, a Hasbain, a Henri de Lez, canonico di Saint-Lambert de Liége, e ai suoi successori. 1126-1136. Il re Luigi VI approvò, alla presenza di Suger e di altri prelati, la donazione che Evrard, decano di Melun, fece della sua persona e dei suoi beni all'abbazia di Saint-Victor. 1137 (circa). Godefroi, vescovo di Chartres, esenta, su richiesta di Suger, le chiese di Monnerville e Rouvray dal mantenimento di un vicario. 1137 (circa). Godefroi, vescovo di Chartres, esenta, su richiesta di Suger, le chiese di Monnerville e Rouvray dal mantenimento di un vicario. 1140. L'arcivescovo di Sens, Henri, dà a Gilduin, abate di Saint-Victor, alla presenza di Suger, l'investitura della chiesa di Fleury. 1140 (circa). Thibaud, conte di Blois, alla preghiera di Suger e Ansoud de Cornillon, conferma la restituzione delle strade e delle decime di Mareuil, fatta da quest'ultimo all'abbazia di Saint-Denis. 1143. Luigi VII, su richiesta di Suger, confermò le donazioni e i privilegi concessi da suo padre all'abbazia di Saint-Denis. 1144. Luigi VII, in occasione della solenne traslazione dei santi Martiri, alla quale prese parte, fece diverse donazioni all'abbazia di Saint-Denis, alla presenza di Suger “suo amico e familiare” e di altri prelati notizie. 1144. Nicolas, vescovo di Cambrai, cede all'abbazia di Saint- Denis, su preghiera di Suger e di diversi prelati, la chiesa de Vertigneul, e prevede che in cambio i religiosi celebreranno ogni anno nel giorno del suo compleanno. 1144. Luigi VII conferma, a favore di Suger, la donazione fatta da Hugues de Mérainville delle esazioni e dei dazi che imponeva sulle terre di Monnerville. 1145. Transazione tra Suger e Hugues, conte di Roucy, con la quale quest'ultimo rinuncia alle tasse e alle esazioni percepite a Concevreux, e fa anche varie concessioni all'abbazia di Saint-Denis. 1145 (circa). Hugues, arcivescovo di Sens, cede la metà della decima di Champcueil al priorato di Notre-Dame des Champs, recentemente costruito e fondato da Suger. 1146. Luigi VII permise a Suger e ai suoi successori di rilevare un mulino situato a Étampes, affittato dal signore di Mérainville, per la somma di centoventi sterline, al nome di Robert Saligier. 1147. Luigi VII regola, alla presenza di Suger, l'entità che verrà aumentata sui terreni del vescovado di Parigi durante la vacanza della sede. 1147. Alvise, vescovo di Arras, dona a Suger e ai suoi successori l'altare e la chiesa di Annechin, per il mantenimento di un cero davanti ai corpi dei santi Martiri. 1147. Manassé, vescovo di Meaux, libera, su richiesta di Suger, un uomo di condizione servile. 1148, 20 aprile. Papa Eugenio III conferma, su preghiera di Suger, i privilegi concessi alla sua abbazia dai suoi predecessori, dai re e dagli altri fedeli. 1149. Goslin, vescovo di Soissons, conclude un accordo tra Suger e l'abate di Valsery, riguardante le decime di Saint-Aignan. 1150. Évrard, gran maestro dell'Ordine del Tempio, dona a Suger, abate di Saint Denis, una casa e un prato situati ad Aunis, nella campagna di Liegi. ------------------------ Sulla chiesa di Saint-Denis Traduzione dello scritto di Suger Ogni capitolo, contrassegnato in numeri romani, ha una piccola introduzione che ne riassume il contenuto. Capitolo I L'autore intende dimostrare la sua gratitudine per le benedizioni di Dio trasmettendo ai posteri il racconto della consacrazione della chiesa di Saint-Denis. La disparità del divino e degli esseri umani è conciliata dalla mirabile potenza dell'unica e singolare ragione suprema: e ciò che sembra opporsi tra loro per l'inferiorità dell'origine e la contrarietà della natura, la stessa concordia dell'una l'armonia moderata superiore riunisce l'armonia piacevole. Con la partecipazione della cui ragione suprema ed eterna, coloro che sono stati resi gloriosi, spesso siedono sul trono della mente intelligente, come se fossero davanti a un tribunale, insistendo sulla continua discussione di simili e dissimili, e sulla scoperta e sul giudizio degli opposti. ; nell'eterna fonte della saggezza della ragione, servendo la carità, da cui resistono alla guerra interna e alla ribellione interiore, si prosciugano sanamente, preferendo lo spirituale al corporeo, l'eterno al fallimento. Mettono da parte le preoccupazioni e le vessazioni più dolorose della sensualità corporea dei sensi esterni: liberandosi dalla loro oppressione, fissando la linea più solida della mente nella speranza della ricompensa eterna, obbediscono solo avidamente all'eternità. Dimenticano i loro desideri carnali per l'ammirazione e lo spettacolo degli altri; in questo modo la ragione suprema, e l'eterna associazione di beatitudine, promette l'unigenito figlio di Dio. Nella pazienza possederete le vostre anime, esse si felicitano di essere unite al merito della loro gloriosa coscienza. Ma l’umanità, depressa e gravemente ferita dalla corruzione della prima condizione, abbracciando il presente anziché attendere il futuro, non potrebbe in alcun modo sostenerlo, se l’abbondante amministrazione della ragione e dell’intelligenza umana, e la suprema e divina carità, misericordiosamente provveduto proprio a questo risultato. Donde leggiamo: La sua misericordia è al di sopra di tutte le sue opere. Confessiamo dunque con gli altri con audacia e verità che, quanto solo la misericordia ci salva mediante il bagno di rigenerazione e di rinnovamento dello Spirito Santo, tanto ci prepareremo ad offrirgli la nostra giustizia con il graditissimo olocausto di una persona purificata. mente, con tutta la nostra volontà e potenza, per quanto egli stesso abbia dato, con la devozione dei giustiziati: affinché chi può come Dio, chi deve come creatore, se non resistiamo, ripari in noi questa pericolosa disparità, l'inimicizia interna della contrarietà, nella quale incorriamo nella perdita della sua amicizia per la prima trasgressione, quell'amore ineffabile con cui unì la sua divinità alla nostra umanità prigioniera in modo ineffabile e inseparabile, dissolve il disagio più grave della carnalità dormiente, e calma le contraddizioni interiori calmando il tumulto dei vizi, con una dimora pacifica; affinché sappiamo ripetere e predicare la generosità della nobile chiesa alla quale siamo preferiti, essendo pronti nell'animo e nel corpo, offrendogli una servitù gradita, dei suoi benefici anche immensi intorno a noi. Per evitare che, se rimaniamo in silenzio nella sua lode, non corriamo per questo il venir meno dei suoi benefici, e udiamo quella voce terribile: Non si trova nessuno che ritorni e dia gloria a Dio. Essendo stati dunque giustificati per fede, la nostra pace interiore, secondo l'Apostolo, è in pace con Dio; uno e fra tanti il singolare beneficio della munificenza divina, alla maniera di coloro che, per gratificare i doni impartiti ai donatori, li restituiscono ai donatori, portando avanti nel mezzo la gloriosa e degna consacrazione di questo santa chiesa, dei nostri preziosissimi signori e apostoli, Dionigi, Rustico ed Eleuterio, e di altri santi sulla cui prontezza confidiamo nel patrocinio, abbiamo elaborato per assegnare la traduzione più sacra all'attenzione dei successori; per quale motivo, in che ordine, con quanta solennità e da quali persone anche lo stesso atto fu posto in essere, affinché potessimo rendere grazie alla divina propiziazione per un compito così grande, e ai nostri santi protettori, sia per la cura della spesa di un'opera così grande e per l'iscrizione di una solennità così grande, otteniamo un'opportuna intercessione presso Dio. Capitolo II Essendo diventata troppo piccola la sontuosa chiesa voluta dal re Dagoberto, a seguito del prodigioso afflusso di fedeli, Suger concepì presto il progetto di ampliarla. Inizia ricostruendo le torri. L'opera fu facilitata dalla scoperta di una preziosa cava, nei pressi di Pontoise, e dall'entusiasmo delle popolazioni. Dagoberto, glorioso e celebre re dei Franchi, uomo benché nell'amministrazione del regno si distinse per regale magnanimità, nondimeno devoto alla Chiesa di Dio, quando, per allontanare l'intollerabile ira del padre Clotario, fuggì al villaggio di Catullia, e venerò le effigi dei santi martiri che ivi riposavano, come uomini bellissimi vestiti di vesti di neve, avendo scoperto che il servizio cercava i suoi, e aveva promesso il suo aiuto, incessantemente con parole e opere, comandò con meraviglioso sentimento che la basilica dei santi fosse costruita per generosità reale. Come, componendo con un maraviglioso mare di colonne purpuree, le aveva arricchite inestimabilmente con abbondanti tesori d'oro purissimo e d'argento, e aveva appeso alle sue pareti colonne ed archi ricoperti d'oro, variamente ornati di perle di vario genere, che pareva superare gli ornamenti delle altre chiese, e in ogni modo adornata di uno splendore incomparabile, e tutta la terra era piena di bellezza e risplendeva di bellezza inestimabile, ma a lui mancava solo questo, che non ammetteva la grandezza che avrebbe dovuto. Non che mancasse qualcosa alla sua devozione o volontà, ma che forse a quel tempo non esisteva nella chiesa primitiva né maggiore né uguale, o che il più corto splendore dell'oro e lo splendore dei gioielli per la vicinanza degli occhi sorridenti, più acutamente e deliziosamente irradiante, molto più che se fosse stato creato il maggiore. Nella benedetta occasione di così ottima brevità, crescendo il numero dei fedeli, e il frequente accorrere ai suffragi dei santi, la suddetta Basilica soleva sopportare tante traversie, che spesso, certo, nei giorni solenni, riversò per tutte le porte l'eccesso delle moltitudini che lo incontravano, e non solo quelli che entravano non entravano, ma anche quelli che erano già entrati furono costretti ad uscire dall'espulsione dei precedenti. Vedresti a volte (con uno spettacolo meraviglioso) che coloro che si sporgevano per entrare a venerare e baciare le sante reliquie della Chiave e della Corona del Signore si trovavano osteggiate da una moltitudine così congestionata, che tra le innumerevoli migliaia di popoli non c'era uno era capace di muovere un piede dalla propria compressione, nessun altro dalla propria costrizione se non restare, come una statua di marmo, stupito, che restava una sola cosa da gridare. E l'angoscia delle donne era così grande e così intollerabile, che in compagnia degli uomini forti si premevano come un torchio, come se immaginassero la morte, esprimevano i loro volti esangui e gridavano terribilmente come quelli in parto; singhiozzare nell'ultimo spirito nel prato dei fratelli, tutti disperati, ansimanti¹. Anche i frati esibivano i segni della passione di Domenico a coloro che accorrevano, cedendo alle loro vessazioni e lotte, e non avendo nulla che li distraesse, molte volte scapparono dalle finestre con le reliquie. Ho sentito che quando un ragazzo veniva educato tra i suoi fratelli, io provavo un dolore che andava oltre quello della giovinezza, e desideravo emotivamente di essere corretto quando fosse vecchio. E quando piacque a colui che mi separò dal grembo di mia madre e mi chiamò con la sua grazia, anche contro i miei meriti, a presiedere alla mia piccolezza nell'amministrazione di questa santa Chiesa, per l'ineffabile misericordia di Dio onnipotente solo, per la correzione della suddetta fatica, trascinati dal voto dei santi Martiri de' nostri signori, proponemmo d'affrettare l'accrescimento del suddetto luogo con tutto il nostro cuore, con tutto il nostro affetto d'animo: il che, se l'occasione non richiedesse sì grande , così necessario, così utile ed onorevole, non oseremmo mai metterci mano o pensare. Pertanto, poiché nella parte anteriore, da nord, l'ingresso principale delle porte principali, la galleria incornicia qua e là torri gemelle, né alte né molto adatte, ma minacciate di crollare, quelle dal lato dell'ingresso della diretta testimonianza e le torri gemelle su un fondamento materiale molto forte, ma spirituale robustissimo, di cui è detto: Nessuno può porre altro fondamento oltre a quello che è stato posto, che è Cristo Gesù, spendendosi poco per molti , allora, soddisfacendo molto, non avremmo bisogno di nulla, ma anche abbondando confesseremmo: la nostra sufficienza viene da Dio. Ora, per grazia di Dio, si imbatté in un nuovo materiale quadrato di qualità molto forte, il tipo e la quantità del quale non erano mai stati trovati da queste parti. Si succedettero cementieri, stuccatori, scultori e altri abili operai, affinché da questo e da altri la Divinità potesse assolverci da ciò che temevamo, e aiutarci rafforzando la sua volontà e fornendoci provviste inaspettate. Ho paragonato dal più piccolo al più grande, che per quest'opera non potevano bastare per quest'opera risorse salomoniche per il tempio più delle nostre, a meno che lo stesso autore della stessa opera non preparasse copiosamente per i ministri. L'identità dell'autore e dell'opera rende sufficiente l'operatore. Nel fare cose di questo tipo, preoccupandoci soprattutto della compatibilità e della coerenza dell'opera vecchia e della nuova, in modo da poter avere colonne di marmo o simili al marmo, pensando, speculando e ricercando attraverso diverse regioni di parti remote, quando noi non ne incontrammo nessuno, questa era l'unica cosa rimasta per coloro che lavoravano mentalmente ed emotivamente, come dalla città (poiché a Roma, nel palazzo di Diocleziano e in altri luoghi, avevamo spesso visto cose meravigliose) che avremmo dovuto li abbiamo messi al sicuro attraverso il Mar Mediterraneo con una flotta sicura, poi attraverso gli inglesi e attraverso il tortuoso riflesso della Senna, a grandi spese dei nostri amici, nemici, anche dei vicini musulmani. Per molti anni, in molti tempi, siamo stati tormentati dal pensiero e dalla ricerca: quando all'improvviso la generosa munificenza dell'Onnipotente, condiscendente alle nostre fatiche, che non era lecito pensare o immaginare, ha rivelato all'ammirazione i degni ed eccellentissimi martiri di tutti i santi martiri. Pertanto, in quanto contro la speranza e l'umana opinione, e in nessun luogo a noi più favorevole di quello che la divina misericordia si è degnata di concedere, tanto maggiori ringraziamenti abbiamo pensato di riferire in riparazione di un tale rimedio di fatica degno della fatica. Infatti il mirabile luogo della quadratura presso Pontisaram, confinante con il castello al confine delle nostre terre, una valle profonda, scavata non dalla natura, ma dall'industria, offriva fin dall'antichità mulini ai suoi proprietari; non avendo finora prodotto nulla di eccezionale, riservava il principio di tanta utilità con tanto e così divino edificio, come se riservasse le primizie a Dio e ai santi martiri, come pensiamo. E ogni volta che si tiravano le colonne dal fondo del pendio con funi sciolte, sia i nostri che i devoti parenti del luogo, nobili e ignobili, A turno conducevano gli animali, legati alle braccia, al petto e alle lucertole con delle corde; e per mezzo delle pendici dell'accampamento i vari ufficiali, lasciando gli strumenti dei loro compiti, offrendo le proprie forze alla difficoltà del viaggio, si incontravano quanto potevano con l'aiuto di Dio e obbedendo ai santi martiri. Quindi in una relazione nobile e degna è avvenuto un miracolo, che noi stessi, apprendendo dai presenti, abbiamo deciso di attribuire con penna e inchiostro alla lode dell'Onnipotente e dei suoi santi. Capitolo III Una forza divina viene in aiuto dei lavoratori. Suger stesso va alla ricerca delle travi necessarie a coprire l'edificio, e ne trova delle molto belle, contro ogni aspettativa, nella foresta di Iveline. Un giorno dunque, quando l'aria scura, turbata dal ritorno delle piogge, l'aveva coperto di tenebre, i carri che venivano alla quadratura, che erano soliti essere aiutanti nel lavoro per l'infestazione della pioggia, si assentarono. Ma i mandriani, lamentandosi e protestando, si prendevano comoda e impiccavano gli operai, tanto che insistevano a gridare, che alcuni dei deboli e dei deboli, insieme ad alcuni bambini, in numero di diciassette, in presenza, se io non sbaglio, il prete si affrettò verso la piazza, prese uno dei cuori e, legando l'altro ai pilastri, liberarono il paletto che giaceva a terra. Perché non c'era nessuno che potesse contare sul disegnarli. E così il piccolo gregge si animò di pio zelo: "Santo, dicono, Dionigi, prendi per te il palo vacante, se ti fa piacere, aiutaci". Perché non potrai imputarci, se non possiamo. E subito dopo aver colpito con forza ciò che erano soliti trascinare dal fondo della valle con un peso di centoquaranta o meno, loro stessi, non da soli, il che sarebbe impossibile, ma per volontà di Dio e dei santi che invocavano, li fecero uscire mediante votazione e posero la struttura della chiesa su un carro. Perciò si sparse per tutto il quartiere che quest'opera piacque molto a Dio onnipotente, quando a lode e gloria del suo nome volle portare aiuto a questi e agli operatori di tali intersegni. Un'altra nobile azione è seconda, degna di commemorazione, cospicua per relazione e da predicare con autorità. Dopo che i lavori furono in gran parte ultimati, e i solai del nuovo e del vecchio fabbricato compattati, e con gran deposito, che da lungo tempo temevamo, per quelle crepe aperte nei muri antichi, ed eccitato dal disfacimento dei i grandi capitelli e le colonne di base, eravamo ansiosi di adattarli. E quando consultammo i nostri falegnami e quelli parigini per la scoperta delle travi, la risposta fu che, secondo loro, la verità era che in queste regioni non si potevano trovare a causa della scarsità di boschi, o che dovessero necessariamente essere portati dal villaggio di Autissiodoro. E quando tutti erano d'accordo proprio in questa cosa, e noi eravamo gravati sia dalla grandezza del lavoro che dalla lunga consegna del lavoro, una notte, tornando dal servizio mattutino, cominciai a pensare tra me a letto che Bisognerebbe attraversare tutti i boschi di queste parti, e osservare tutt'intorno, questi ritardi e fatiche, se si potessero trovare qui, per alleviare E subito dopo aver rinunciato ad altre cure, prendendo la mattina presto, con falegnami e misure di travi, ci affrettammo al bosco chiamato Ivilina. E quando attraversammo la nostra terra attraverso la valle di Capreol, chiamammo i nostri servi, i nostri guardiani e altri esperti dei boschi, giurando per fede e sacramento, li consultammo se potessimo trovare lì travi delle sue misure con qualunque lavoro noi Potevo. Quelli che sorridono, se osassero, preferirebbero ridere; chiedendoci se non sapessimo chiaramente che nulla di simile si poteva trovare in tutto il paese, specialmente presso Milone, il nostro castigliano di Capreolensis, il quale ha da noi metà della foresta con un altro compenso, poiché aveva sopportato guerre sia da parte del signore il re e da Amalrico di Monte Forti per lungo tempo, al triste e nella realizzazione delle fortificazioni nulla del genere sarebbe passato intatto o intatto. Ma noi, respingendo qualunque cosa dicessero, con una certa audacia della nostra fede cominciammo a frugare nella foresta, e verso la prima ora trovammo una trave sufficiente per la misura. Cosa c'è oltre? fino all'ora nona, o prima, attraverso i cespugli, attraverso l'oscurità del bosco, attraverso la densità delle spine, assegnammo dodici travi (perché tante erano necessarie) con stupore di tutti i presenti, e le portammo alla santa Basilica con esultanza per la nuova opera di copertura, a lode e gloria del Signore Gesù, che aveva riservata a sé e ai santi martiri, preservandoli dalle mani degli stupratori, come aveva voluto fare. Perciò non fu né superflua né meno contenuta la munificenza divina attorno a ciò, che determinò di controllare tutto con peso e misura, di dare tutto, quando non trovava nulla più del necessario. Capitolo IV Dedicazione delle cappelle, fatta da tre prelati. Ingrandimento dell'abside. Posa solenne delle prime pietre. Suger stabilisce una rendita annua per il proseguimento dell'opera. Animato costantemente dagli intersegni di tante e così manifeste opere, affrettandosi con urgenza al compimento del suddetto edificio, deliberando come e da quali persone, e che esso fosse solennemente consacrato a Dio onnipotente, sollecito dal uomo eccellente Ugo, arcivescovo di Rothomagens, e altri venerabili vescovi, Odon Belvacensi, Pietro Silvanectensi, per realizzare ciò, abbiamo intonato molte specie di lodi, e in una grande assemblea di diverse persone ecclesiastiche, clero e popolo. Quelli che in mezzo alla nuova crescita, benedicendo la prima in una botte consistente, passano con corteo per l'oratorio di S. Eustachio, uscendo per la via detta Panteria, perché lì tutto serve per comprare e vendere, come fu chiamato anticamente, per mezzo di un altro, che si apre nel sacro cimitero, rientrando per la porta d'oro, dentro mediante l'effusione della benedizione eterna e del santissimo crisma, l'esposizione del vero corpo e sangue del sommo pontefice Gesù Cristo, tutto ciò che si conviene a tanto e sì santo edificio devotamente compirono: una bellissima ed angelica dimora degna dell'oratorio superiore, in onore della santa madre di Dio, la sempre vergine Maria, e del santo arcangelo Michele, e di tutti gli Angeli, dei santi Romani ivi riposanti, e di molti altri santi, i cui nomi vi sono sottotitolati, dedicandoli; in basso, sul lato destro, è un oratorio in onore di San Bartolomeo e di molti altri santi; e a sinistra, dove si dice che riposi sant'Ippolito, un oratorio in onore suo e dei santi Lorenzo, Sisto, Felicita, Agapiti e molti altri, a lode e gloria di Dio onnipotente. Noi però, desiderando con tutto il nostro affetto divenire partecipi di tale benedizione per il frutto delle nostre fatiche spese nel dono di Dio, come in dote, come si fa abitualmente, per le spese di acquisto di lampade, una strada che costeggia in un certo cimitero vicino alla chiesa di San Michele, che avevamo acquistato da Guglielmo Cornelio per quattro e venti lire, demmo il medesimo contributo agli oratori, affinché di lì avessero un censimento eterno. Ma questa è la consistenza della verità del termine, come si legge, se non è oscurato, in oro sopra le porte, che abbiamo fatto dorare ad onore di Dio e dei santi, nell'epitaffio: L'anno millecentoquaranta fu l'Anno della Parola, quando fu consacrato. Pertanto, dopo ciò, che fu celebrato nella parte anteriore dell'oratorio di San Romano e altri, con la massima protezione di sua maestà, la consacrazione, la nostra devozione, che fu animata sia dalla propria prosperità, sia che essa stessa intorno al Santi fu così insopportabilmente opprimente per tanto tempo, rivolgemmo a lui il nostro voto come suddetto liberandoci dai lavori, e rinviando la continuazione della torre nella parte alta, i lavori e le spese dell'ampliamento della chiesa madre per il potendo, per ringraziamento, che l'opera divinamente condiscendente aveva riservato tanto al successore della nobiltà di tanti re e abati, confidiamo che venga compiuta nel modo più dignitoso, nel modo più glorioso che ragionevolmente si potrebbe fare. Comunicando con i nostri fratelli devoti, i cui cuori ardevano per Gesù mentre parlava loro lungo la strada, abbiamo scelto questa decisione, ispirata da Dio, affinché a causa di quell'operazione divina, come testimoniano i venerabili scritti, imponesse una benedicendo con la sua propria e manuale estensione l'antica consacrazione della chiesa, porteremmo come reliquie le sacre pietre, nobiliteremmo ciò che, con tanta esigente necessità, aveva cominciato una novità, nobiliteremmo con la bellezza della sua lunghezza e ampiezza. Pertanto fu decretato che la copertura superiore disuguale, che copriva l'abside contenente i corpi dei nostri santi signori, fosse rimossa fino alla superficie della cripta alla quale aderiva; sicché la stessa cripta offriva come pavimento la sua superiorità a chi vi si accostava per ambedue i gradini, e in luogo più prominente le lettighe dei Santi, ornate d'oro e di gemme preziose, dovevano segnare l'oscurità di chi si avvicinava. Fu inoltre ingegnosamente previsto che, con le colonne superiori e gli archi mediani, che si sovrapponevano a quelli inferiori fondati nella cripta, mediante mezzi geometrici ed aritmetici il centro dell'antica testimonianza della crescita della chiesa fosse uguagliato con la metà delle nuove, e non meno la quantità delle ali antiche dovrà essere adattata alla quantità delle ali nuove; salvo quell'urbano e approvato incremento del circuito degli oratori, per cui si rivelava tutta la bellezza del sacro vetro, sorvegliando l'interno con la mirabile e continua luce. Ma secondo un saggio consiglio, secondo i dettami dello Spirito Santo, la cui unzione insegna ogni cosa, fu stabilito in un ordine chiaro ciò che dovevamo proporre di procedere, dopo aver riunito un'assemblea di uomini illustri, sia vescovi che abati, e alla presenza del Signore e Serenissimo Re dei Franchi, Ludovico, il giorno precedente di luglio, ordinammo un bellissimo corteo con addobbi e un famoso corteo di figuranti. Inoltre, con le mani dei vescovi e degli abati le insegne della Passione di Domenico, cioè il chiodo e la corona del Signore, e il braccio di san Simeone il Vecchio, e altri patrocini delle sante reliquie, scendemmo umilmente e devotamente ai luoghi preparati per lo scavo delle fondazioni. Poi il paraclito, invocato dalla consolazione dello Spirito Santo, affinché il buon inizio della casa di Dio si concludesse con buon fine, dopo che i vescovi stessi avessero fatto per la prima volta la dedicazione dell'acqua benedetta, il prossimo cinque giugno , avevano preparato il cemento con le proprie mani, posarono le prime pietre, cantando un inno a Dio, e le sue fondamenta fino alla fine cantando solenni salmi Perché lo stesso re serenissimo, scendendo dentro, pose le proprie mani; anche noi, e molti altri, sia abati che religiosi, ponemmo le loro pietre; alcuni addirittura gioielli, per amore e riverenza verso Gesù Cristo, cantando: Tutte le tue mura sono pietre preziose. Noi, quindi, euforici per la posizione di una festa così grande e di una fondazione così santa, ansiosi di celebrarla, temendo la varietà dei tempi, la diminuzione delle persone e il mio fallimento, per il comune consiglio dei fratelli, il persuasione degli assistenti e l'assenso del re signore, stabilì una rendita annuale per pagarli, e cioè: centocinquanta libbre del gazofilacio, cioè delle offerte dell'altare e delle reliquie, cento sull'Indictus e cinquanta nella festa di San Dionigi; cinquanta anche da un podere situato in Belsa, che si chiama Villana, anticamente incolto, ma con l'aiuto di Dio e della nostra fatica veniva composto e aggiustato al valore di quattroventi o cento sterline ogni anno. La quale, se per qualche disgrazia non riuscisse a soddisfarli, fornirebbe l'altra nostra Belsa, della quale abbiamo raddoppiato o triplicato gli affitti. E queste duecento sterline, oltre a quelle che saranno portate nell'arca della gazofilacia dalla devozione dei fedeli, o qualunque cosa essi stessi offriranno per entrambe le opere, abbiamo solo confermato che saranno continuate con le opere stesse, fino a quando completamente senza questa domanda e gli stessi edifici, sia quelli anteriori che quelli superiori, con le loro torri, sono completamente completati in modo onorevole. Capitolo V Decorazione dei santuari dei santi Martiri; magnifico altare eretto davanti a loro. Un temporale scuote, senza ribaltare, gli archi in costruzione. Persone religiose mandare una mandria a Saint-Denis per nutrire gli operai. Perseverarono dunque tre anni con grandi spese, con una numerosa adunanza di operai, d'estate e d'inverno, con l'aiuto. risalire alla perfezione, per non lamentarci con Dio, i tuoi occhi hanno visto la mia imperfezione; e come il divino fu fondato dall'esultanza di tutta la terra, il monte Syon, ai lati del nord, la città del gran Re, in mezzo al quale Dio non sarà smosso, ma commosso dall'incitamento dei peccatori, non si degnerà di lasciatevi placare e propiziare dal profumato olocausto dei penitenti. Infatti nel mezzo, che esprimeva il numero dei dodici Apostoli, e nel secondario, altrettante ali, che significavano il numero dei Profeti, sorreggevano improvvisamente un alto edificio, accanto all'Apostolo, spiritualmente edificante: Tu non sei più, egli dice, ospiti e soggiornanti; ma voi siete cittadini dei santi e capifamiglia di Dio, esaltati al di sopra del fondamento degli Apostoli e dei Profeti, la pietra angolare più alta, Cristo Gesù, che unisce l'uno e l'altro come un muro in cui ogni edificio, sia rituale che materiale, si sviluppa in un tempio santo nel Signore. In questo, quanto più profondamente e adeguatamente insistiamo nell'edificare noi stessi materialmente, tanto più attraverso noi stessi ci verrà insegnato ad essere spiritualmente coeducati all'abitazione di Dio nello Spirito Santo. Ci preoccupavamo intanto della traslazione dei nostri santissimi signori, dei santissimi martiri e di altri santi, che erano venerati in diversi oratori sparsi nella chiesa. e laddove coloro che scelsero furono più gloriosamente oscurati da coloro che vennero e furono più vistosamente trasferiti, noi abbiamo cercato, con la cooperazione di Dio, di diventare molto illustri per l'eleganza degli orafi, o per l'industria della loro arte, o per l'abbondanza di oro e gemme preziose. E sì fuori di questi e tal nobile per ornamento, ma per sicurezza dentro un muro di pietre fortissime e non ignobile da fortificare da ogni parte; invece, al contrario, affinché l'apparente materia della pietra non svilisse il luogo, provvediamo a decorarlo con lastre di rame fuse e dorate, ma non come avrebbe dovuto essere. Poiché la magnificenza sperimentata di tanti padri esige per noi e per tutti, coloro i cui venerabili spiriti risplendono come il sole davanti a Dio onnipotente e assistono noi, poveri, che sentono e hanno bisogno della loro protezione, delle loro ceneri più sacre con una più materiale prezioso di quanto potremmo, vale a dire con oro, giacinti e smeraldi, e la quantità di altre gemme che valgono lo sforzo è evidentemente coperta. E questa cosa abbiamo voluto che fosse fatta eminentemente, cioè erigere un altare davanti ai corpi dei Santi, per piacere a Dio, il quale non era mai stato là prima, dove i Sommi Pontefici e le persone autentiche, con il voto di coloro che hanno offerto se stessi a Dio un profumato olocausto, meritano di offrire sacrifici appaganti e graditi a Dio. Ai quali, anche quando avevo proposto di deporre una placca d'oro, ma una mediocre mancanza di pusillanimità, tanto oro, tante gemme preziosissime, inaspettate e difficilmente disponibili agli stessi re, ci hanno offerto gli stessi santi martiri, come se ci parlavano bocca a bocca: "Che vi piaccia o no, vogliamo il meglio; "tanto che o non abbiamo osato o non abbiamo potuto farla altrimenti che meravigliosa e preziosissima sia di lavoro che di materia." Infatti gli stessi pontefici, ai quali hanno diritto eminentemente per la dignità del loro ufficio, non hanno rifiutato di indossare gli stessi anelli pontifici, ingioiellati di una meravigliosa varietà di pietre preziose, in presenza delle tavolette, ma anche assenti dalle parti d'oltremare, invitati dall'amore dei santi martiri, delegarono ulteriormente. Il re stesso, indossando smeraldi trasparenti con macchie distinte, il conte Teobaldo, giacinti, rubicondi, aristocratici e principi di diversi colori e valori, offrendosi a vicenda perle preziose, ci hanno invitato a esibirci gloriosamente. Inoltre tanti beni venivano portati a Lobis da quasi tutte le parti del mondo, e da dove noi li compravamo, venivano offerti in dono a Dio, affinché non potessimo lasciarli andare senza grande vergogna e offesa. ai Santi. Qui e altrove abbiamo potuto sperimentare che l'opera buona è nella volontà, dall'aiuto di Dio sarà nella perfezione Se dunque questo ornamento, con la devozione di tanti, prestato a tanti protettori, qualcuno con presunzione glielo toglie, o consapevolmente lo diminuisce, meriterebbe l'offesa del signore Dionisio, e la trafittura del becco del Santo Spirito. Né abbiamo ritenuto degno di tacere, che mentre la suddetta opera di nuovo sviluppo si produceva sui capitelli e sugli archi superiori, e fino al colmo dell'altezza, quando gli archi maggiori non erano ancora singolarmente uniti insieme come un mucchio di volte, un terribile e quasi tollerabile intorbidimento di nubi, un diluvio di pioggia, ed un fortissimo colpo di vento si scatenò all'improvviso tempesta che prevalse a tal punto che scosse non solo le case robuste, ma anche le torri di pietra e i frontoni di legno. Durante quel temporale, in un certo giorno, anniversario del glorioso re Dagoberto, mentre il venerabile Vescovo Goffredo di Carnot celebrava solennemente nel convento, presso l'altare maggiore, le messe di ringraziamento per la sua anima, una tale forza di venti contrari sferzava il il suddetto arco, non sostenuto da nessun podio, senza suffragi resistenti, che tremavano miseramente, e come vacillanti qua e là, minacciavano ad un tratto una rovinosa caduta. Infatti, quando il vescovo era spaventato dall'impulso di quelle coperture, spesso stendeva la mano benedicente da quella parte, e firmando il braccio del santo vecchio Simeone, subito si opponeva, tanto che sembrava che avesse evidentemente nessuna costanza propria, ma solo per la misericordia di Dio e il merito dei Santi scampò alla caduta. E così, quando in molti dei luoghi più forti, come si credeva, aveva portato molti inconvenienti di rovina agli edifici, respinti dalla potenza divina, ondeggianti sotto il sole alto e gli archi freschi, riuscì a non produrre alcun inconveniente. Seguì un altro avvenimento degno di memoria, il quale non avvenne per caso, come giudicano quelli che con lui concordano con tali sette, cioè che "vaga incerto all'estero, e porta e riporta giri, e hanno incidenti mortali", ma per grazia divina, che nella grande e nella piccola speranza in se stesso provvede abbondantemente a tutti e amministra ciò che sa sarà utile. Infatti, quando un giorno ci preparammo per la prossima consacrazione della corte, perché sarebbe stata la più grande, e avevamo a che fare con i nostri amici, ministri e governatori, e a causa della rigidità della stagione ( poiché nel mese di giugno quasi tutti i viveri erano costosi) per fortuna avevamo provveduto abbastanza degli altri, questo ci offese solo gravemente, che la carne dei montoni, a causa della macellazione delle pecore avvenuta nello stesso anno, bisognava cercarlo nel villaggio di Aureliano e in direzione della Borgogna. E dopo aver ordinato che mille solidi, o quanto fosse necessario allo scopo, fossero dati pesantemente a quelli che andavano lì, affinché non tornassero tardi, perché erano partiti tardi, la mattina dopo, quando io Stavo correndo dalla nostra camera alla celebrazione del santo sacrificio secondo l'usanza, all'improvviso uno dei fratelli bianchi, con riluttanza, mi trascinò di nuovo nella camera. Al quale, da qualche tempo, perché ci intralciava da tanto lavoro, si commosse, quando io avevo risposto meno bene: << Abbiamo sentito, disse, signor padre, che avete bisogno di carne di montone per il solennità immediata della tua consacrazione; e di là porto alla tua Paternità una grande mandria di montoni mandata dai nostri fratelli, affinché tu possa trattenere ciò che ti piace e lasciare andare ciò che non piace a noi. Udito ciò, gli ordinammo di aspettarci dopo la messa, e ciò che gli offrirono in sua presenza, finita la messa, lo riferimmo ai nostri; il quale attribuiva proprio questo alla bontà divina, perché aveva inaspettatamente delegato l'unica cosa che mancava, e che eravamo stanchi di cercare, con la deportazione dei religiosi. Capitolo VI Una folla di principi, vescovi e persone di alto rango si recò a Saint-Denis per assistere alla consacrazione della nuova chiesa. Preparativi per la cerimonia. Benedizione delle mura. Era ormai urgente che avvenisse una nuova consacrazione della chiesa, sia la faticosa consumazione dell'opera, sia la nostra sospesa devozione, che l'avevano tanto desiderata. E poiché vorremmo agire su di lei così come sui nostri santi signori, come per un ringraziamento e per il frutto più gradito delle nostre fatiche, desiderando che fosse fatta una traduzione famosissima, con il placido favore di sua maestà reale, il serenissimo re di Franchi, Ludovico (desiderò ardentemente vedere i santi martiri, suoi protettori), il giorno dell'azione era la seconda domenica di giugno, vale a dire la 3a, che è Barnaba apostolo, abbiamo assegnato in consultazione. Abbiamo quindi inviato lettere di invito a molti messaggeri, compresi corrieri e preamboli, attraverso quasi tutte le regioni della Gallia; Abbiamo pregato gli arcivescovi, i vescovi, da parte dei Santi e del loro dovuto apostolato, di partecipare tanto alla solennità. Dei quali, poiché furono molte e diverse le persone a compiere ciò, li avremmo ricevuti volentieri tutti, se fosse stato possibile, con più gratitudine. Lo stesso Lord Re Luigi, la sua regina consorte Aanor, sua madre e i nobili del regno arrivavano continuamente. Questi i nomi degli arcivescovi e dei vescovi ausiliari: Sansone, arcivescovo di Rem, Ugo, arcivescovo di Rothomagensis, Guido 'Senon, arcivescovo, Theobaldus, arcivescovo di Cantuarien, Geoffrey, vescovo di Carnot, Joslenus, vescovo di Suessor, Simon, vescovo di Novius, Elia, vescovo di Aureliano, Oddone, vescovo di Belvaci, e Ugo, vescovo di Autissiodoro. vescovo, Alvisus vescovo di Atrebat, Guido vescovo di Catalaunis, Algarus vescovo di Constantia, Rotrocus vescovo di Ebroicensis, Milos vescovo di Teruanensis, Manasses vescovo di Meldis, Petrus vescovo di Silvanectis. Colui che era venuto con una tale dimostrazione di gloria da parte delle persone superiori della sua chiesa per un'azione così grande e così nobile, designava l'intenzione interiore della mente e del corpo di culto e l'atteggiamento esteriore. Ma noi, non solo all'esterno (avevamo infatti ordinato che fossero presentati in abbondanza senza lamentarci), il sabato successivo, prelevati i corpi dei Santi dai loro oratori, li ponevamo, secondo l'uso, in tende velate all'uscita del coro nel modo più dignitoso. Stavamo preparando devotamente gli strumenti sacramentali della consacrazione, e con tanta gioia che la processione, destinata a tante persone, potesse così facilmente osservare la chiesa dentro e fuori, abbiamo organizzato. Perciò, quando chiedemmo umilmente a Luigi, il glorioso e umile re dei Franchi, di allontanare la folla che si avvicinava dal corteo vero e proprio per mezzo dei suoi nobili e nobili, egli rispose che lo avrebbe fatto volentieri da solo e dal suo popolo. Avendo dunque trascorso tutta la notte, la sera e la mattina, nella lode della Divinità, abbiamo supplicato devotamente che Gesù Cristo, nostro Signore, il quale aveva espiato i nostri peccati, visitasse misericordiosamente il luogo santo per suo onore e per amore dei suoi Santi, e di essere presente non solo potenzialmente, ma anche personalmente, alle sacre azioni. Perciò di buon mattino gli arcivescovi, i vescovi, recandosi dai propri alloggi alla chiesa con gli arcidiaconi, gli abati e altre persone onorevoli, si costituirono episcopalmente e attendevano alla botte per la consacrazione delle acque di sopra, tra le sepolture. dei santi martiri e l'altare del santo Salvatore, con tutta decorosità, con tutta riverenza. Avresti potuto vedere, e i presenti non vedevano senza grande devozione, la danza di tanti pontefici, adorni di vesti bianche, ornati di mitre pontificie e circondati da preziosi fregi d'oro, tenendo in mano pastorali, volteggiare intorno al botte, invocando il nome del Signore nell'esorcismo; celebrare le nozze di uomini così gloriosi e ammirabili con lo sposo eterno così devotamente, che sembrava apparire più una danza celeste che terrena, un'opera divina più che umana, sia al re che alla nobiltà presente. Poiché il popolo, per la sua intollerabile grandezza, fu condotto fuori, e mentre il suddetto coro gettava fuori l'acqua benedetta, aspergendo virtuosamente le pareti della chiesa con issopo, il re stesso e i suoi consiglieri respinsero il tumultuoso attacco, e con verghe e bastoni proteggevano coloro che si ritiravano verso le porte. Capitolo VII Traslazione delle reliquie dei santi. Il re porta tra le mani il santuario del Beato Denis. Consacrazione dell'altare maggiore e di altri venti, da parte di altrettanti prelati. Messe solenni celebrate in ciascuna di esse contemporaneamente. E quando, compiuti i sacri misteri ordinariamente della consacrazione, giungemmo al deposito delle sante reliquie, ci avvicinammo alle antiche e venerabili tombe dei nostri santi maestri (perché non erano ancora state spostate dal loro luogo). E prostrandosi e i pontefici e il signor re, e tutti noi, per quanto lo permettevano le ristrettezze del luogo, quando guardarono queste coperte e venerande casse costruite dal re Dagoberto, nelle quali erano contenuti i loro santissimi corpi e cari a Dio, cantavano e piangevano con gioia inestimabile, e assalirono il re, tanto devoto quanto umile. "Vai," dicono, "e aiuta tu stesso a portare qui con le tue mani il nostro signore, apostolo e protettore, affinché possiamo adorare le ceneri più sacre, abbracciare le urne più sacre e congratularci con noi stessi per averle ricevute e averle custodite per tutto il tempo della nostra vita." Questi sono infatti i santi uomini che, secondo il testamento di Dio, consegnarono i loro corpi, che per la nostra salvezza, accesi dal fuoco della carità, lasciarono la loro terra e i loro parenti, che insegnarono la fede di Gesù Cristo mediante l'autorità apostolica di tutti. La Gallia combatté virilmente per lui, con le verghe nude, legò ferocemente e diedero la caccia alle bestie affamate, stesero i cavalli, bruciarono i forni e alla fine subirono una decapitazione riuscita con asce smussate. Vieni dunque, re cristianissimo, riceviamo il beato Dionigi, nostro becchino, supplicandolo di chiedere per noi a colui che fedelmente ha promesso; l'amore e la gentilezza che avete otterrete sempre per chiunque chiederete. "Immediatamente le lucertole si muovono, le loro braccia si allungano, vengono inviate così tante mani, che nemmeno la settima mano potrebbe raggiungere le stesse sacre scatole. Perciò il Signore Re stesso, ponendosi in mezzo a loro, prese dalle mani dei vescovi la lettiga d'argento del suo speciale protettore, sembra, dalle mani dell'arcivescovo di Rem, di Senone, di Carnot, e altri se ne andarono devotamente e onorevolmente come prima. Uno spettacolo meraviglioso! Nessuno avrebbe mai potuto vedere una tale processione, se non quella che si vide nell'antica consacrazione dell'ostia celeste, quando i corpi dei santi Martiri e Confessori si drappeggiarono dalle tende, sulle spalle e sulle spalle dei vescovi e conti e baroni, incontrò il santissimo Dionigi e i suoi compagni alla porta d'avorio; procedevano attraverso la barriera con candelieri e croci e altri ornamenti festosi, con molte odi e lodi; portarono via i loro padroni sia in modo familiare che in lacrime per la gioia. Non potrebbero mai rallegrarsi di qualcosa di più grande che di ogni cosa. Ritornati dunque in chiesa, e saliti i gradini fino all'altare destinato al riposo dei Santi di sopra, deposte le pegni dei Santi sul vecchio altare, procedemmo a consacrarne uno nuovo prima della loro nuova sepoltura sul principale. altare, che abbiamo ordinato fosse consacrato da Sansone, arcivescovo signore di Remens. Fu fatto anche per altri, così gloriosamente e solennemente come la consacrazione di venti arie, di cui quella assegnata in mezzo al nostro Salvatore e al santo coro degli angeli e alla santa croce, al signore arcivescovo Teobaldo di Can Tuarien; della beata e sempre vergine Maria, Madre di Dio, Lord Hugh, arcivescovo di Rotomagens; San Pellegrino, vescovo di Autissiodoro di Sant'Eustachio, vescovo di Don Werdon di Catalogna; dei santi Osmannes, al signor Pietro Silvanectensi, vescovo; di S. Innocenzo, signore Simone, vescovo di Noviomensi; di San Cucuphatis, signore Alvisus, vescovo di Atrebat; di Sant'Eugenio, signore Algarus, vescovo di Constantia; Sant'Ilario, signore Rotroco, vescovo di Ebroicense; di San Giovanni Battista e di San Giovanni Evangelista, abbiamo imposto la consacrazione del Signore Nicola, vescovo di Cameracensi. Nella cripta inferiore, invece, c'è un altare maggiore in onore della santa Madre di Dio, la vergine Maria, a Lord Geoffrey, arcivescovo di Bordeaux; sul lato destro, l'altare di San Cristoforo Martire, Signore Elia, Vescovo di Aureliano; il protomartire di Santo Stefano, vescovo di Carnoten; di San Eadmund re, Lord Werdoni, arcivescovo di Senones; San Benedetto, Lord Joslenus, vescovo di Suession. Sul lato sinistro i santi Sisto, Beato e Agapiti, signore Milo, vescovo di Taruan; San Barnaba Apostolo, Signore Manassas, vescovo di Melden; anche a S. Giorgio Martire e alla Vergine di Gauburg, allo stesso vescovo; abbiamo assegnato la consacrazione dell'evangelista di San Luca al Signore Odonio, vescovo di Belvacense. Tutti loro così festosamente, così solennemente, così diversi, così armoniosamente, così strettamente imparentati, così allegramente celebravano solennemente la consacrazione delle messe sull'altare sopra e sotto, così che dalla stessa consonanza e coerente armonia della propria gradevole melodia il concerto era stimato piuttosto angelico che umano, e da tutti i cuori e lui doveva essere acclamato con la sua bocca: "Sia benedetta la gloria del Signore dal suo luogo; benedetto, degno di lode ed esaltato è il tuo nome: «Signore Gesù Cristo, che Dio Padre ha unto come sommo Pontefice con olio di esultanza per i tuoi partecipanti. Con il battesimo sacramentale del santissimo Crisma e la ricezione della santissima Eucaristia, tu uniformemente unisci il materiale con l'immateriale, il corporeo con lo spirituale, l'umano con il divino, riformati sacramentalmente al loro inizio più puro; con queste e altre benedizioni restauri l'invisibile, anche il presente in un regno celeste, così che quando passi sul regno a Dio e Padre, fai di noi e delle creature angeliche un regno solo potentemente e con cuore miserabile, per mezzo del quale vivi e regni nei secoli dei secoli, Amen." --------------- La Saint-Denis dell'abate Suger: Uno studio sul primo design ambientale Il coro dell'abate Suger nella chiesa abbaziale di Saint-Denis è stato completato nel 1144 d.C., le modifiche apportate da Suger alla chiesa preesistente e l'inserimento di importanti vetrate sono state notate per la loro influenza sull'architettura successiva dell'Ile-de-France. è stata prestata molta attenzione all'ingegno estetico e matematico che l'architetto ha impiegato per creare un edificio di questo tipo, riuscendo dove altri avevano fallito. La disposizione della pianta, in particolare l'eliminazione di un muro divisorio tipicamente presente tra le cappelle contemporanee, è parte integrante del passaggio dalle chiese romaniche buie e insulari ai cori gotici e luminosi, in quanto consente una permeazione ottimale della luce all'interno del “chevet”. Lo chevet o “Capocroce”, termine derivato dal latino “caput crucis” ovvero “capo della croce”, indica la testata orientale della chiesa. Negli edifici a più navate è il volume ubicato a est del braccio trasversale, composto dalle absidi ed eventualmente dalle campate di coro che mediano il raccordo tra le absidi stesse e l’invaso. Il termine capocroce è ormai entrato nell’uso, ma è appropriato solo in riferimento a edifici con pianta a croce latina; per indicare la testata orientale in generale è quindi consigliabile l’uso del lemma francese “chevet”. In età medievale il capocroce assume assetti diversi, a seconda della preferenza accordata localmente ad una tipologia o ad un’altra e soprattutto delle esigenze liturgiche. La disposizione della pianta di Saint-Denis, in particolare l'eliminazione di un muro divisorio tipicamente presente tra le cappelle contemporanee, è parte integrante del passaggio dalle chiese romaniche buie e insulari ai cori gotici e luminosi, in quanto consente una permeazione ottimale della luce all'interno del chevet. Lo studio architettonico di Saint-Denis suggerisce che sia stata proprio l'ispirazione della luce a guidare il progetto del coro e, come tale, pare sia stato l'elemento più influente nello sviluppo delle chiese gotiche successive. La risorsa più diretta per lo studio del coro è il manoscritto dell'abate Suger su La chiesa abbaziale di Saint-Denis, dove discute le intenzioni alla base del progetto del coro e ne illustra brevemente l'esecuzione: Suger infatti scrive: “Inoltre, fu astutamente previsto che - attraverso le colonne superiori e gli archi centrali che dovevano essere collocati su quelli inferiori costruiti nella cripta - la navata centrale della vecchia navata fosse pareggiata, per mezzo di strumenti geometrici e aritmetici, con la navata centrale della nuova aggiunta; e, allo stesso modo, che le dimensioni delle vecchie navate laterali fossero equiparate a quelle delle nuove, tranne che per quell'elegante e lodevole estensione, in forma di serie circolare di cappelle, in virtù della quale l'intera chiesa avrebbe brillato della luce meravigliosa e ininterrotta delle finestre più luminose, pervadendo la bellezza interna.” Questo passaggio in particolare introduce le vetrate, che diventeranno l'aggiunta più famosa. e dà anche un'idea della pianificazione della nuova struttura, menzionando la posizione della nuova navata centrale e delle navate laterali direttamente sopra le loro controparti nella cripta, pareggiando la struttura e dettando il design. Suger cita l'uso di strumenti geometrici e aritmetici per ottenere questo risultato e si può logicamente supporre che questi siano stati utilizzati anche per la progettazione dell'ampliamento. Poiché le piante architettoniche nel XII secolo erano molto rare, il progetto del nuovo chevet sarebbe stato probabilmente tracciato sul terreno con alcuni punti o intersezioni misurati da un punto particolare e stabilito dell'edificio esistente. Il suggerimento di Suger di pareggiare la struttura suggerisce che l'ampliamento sia stato misurato dal centro della navata centrale, poiché questo era un punto stabilito e stabile della chiesa e il chevet completato è centrato su questo particolare asse. Da questo punto centrale, il semicerchio esterno e i pilastri interni avrebbero potuto essere facilmente collocati, soprattutto in combinazione con la cripta esistente come supporto strutturale. Molti edifici medievali, in particolare le chiese, richiedevano anni per essere costruiti e talvolta erano il risultato dell’avvicendamento di più generazioni di muratori. Questo ha fatto sì che molte chiese venissero costruite in modo isolato quando il denaro era disponibile, fermandosi spesso per lunghi periodi di tempo quando il denaro finiva, il tempo era inclemente o si verificava un cedimento strutturale che richiedeva una rielaborazione. La progettazione della chiesa dal livello del suolo comportava spesso una certa quantità di errori, soprattutto se la chiesa fosse stata progettata e costruita rapidamente o, al contrario, costruita in un lungo arco di tempo, con solo muratori locali e magari senza un maestro muratore esperto che agisse nel ruolo che oggi assegniamo all'architetto. Stando così le cose, la costruzione procedeva con il cosiddetto “modulo additivo”: Costruendo con un modulo additivo, la costruzione poteva essere interrotta per qualsiasi motivo, ma l'edificio sarebbe rimasto strutturalmente stabile, perché ogni pezzo avrebbe avuto un proprio sistema strutturale verticale che poteva essere collegato all'edificio esistente o al pezzo successivo costruito. Lo chevet di Saint-Denis sembra essere stato progettato a partire da un asse centrale o con l'idea di centralità. Progettando a partire da un punto esistente facile da trovare, la riprogettazione del chevet è stata facilitata, poiché i pilastri o i punti chiave potevano essere facilmente rimisurati da un punto centrale se i picchetti di segnalazione fossero andati perduti durante il processo di costruzione. Nel Medioevo il principio organizzativo della progettazione degli edifici ecclesiastici si sposta dalla pianta alla volta. Suger ha lavorato partendo dal vertice della volta centrale per disegnare la pianta del coro, e ha anche dettato l'integrazione della pianta della volta con le cappelle, insomma un’architettura “dall’alto verso il basso”, l'inizio della concezione dello spazio in tre dimensioni: mentre la cripta sembra aver fornito le basi del progetto del coro di Saint-Denis, è evidente che lo spazio architettonico è stato immaginato almeno in parte prima dell'inizio della costruzione. La pianta della fa parte dell'intero concetto dello spazio fin dall'inizio, la pianta della volta e il volume architettonico lavorano insieme in una proporzione armoniosa. La progressione verso il pensiero tridimensionale sembra essere un cambiamento logico nella progettazione ecclesiastica e potrebbe essere attribuita a un cambiamento di pensiero da parte di un muratore particolarmente talentuoso. Suger ha dichiarato che la sua intenzione era quella di immergere l'area nella luce e poi, attraverso la meditazione sulle gemme colorate, “essere trasportati da questo mondo inferiore a quello superiore…”. In un certo senso, le gemme potrebbero fungere da metafora per la luce che si estende dalle nuove vetrate del chevet: l'effetto è fornito da Dio attraverso la luce naturale, che la rende una via ancora più adatta alla meditazione e alla trascendenza. Il sistema della cappella di Saint-Denis è una serie di parti che formano un insieme, ognuna delle quali interagisce architettonicamente con le unità accanto per formare un sistema strutturale omogeneo di pareti esterne. Osservando i disegni delle volte in sezione e il coro in pianta hanno entrambi una gerarchia dettata che ricorda quella di un albero, dove gli elementi più grandi si spezzano per formare elementi più piccoli, creando un equilibrio strutturale. La ristrutturazione di Saint-Denis, elimina il muro comune tra le cappelle aprendo lo spazio tra i pilastri. Questa innovazione deriva da una rottura dell'idea romanica secondo cui la fonte di luce di ogni cappella agisce solo per influenzare la cappella in cui è stata collocata e non l'intero coro. A Saint-Denis la luce di ogni cappella si proietta intenzionalmente nel chevet. In questo modo, tutte le finestre delle cappelle lavorano insieme per formare un'unità complessiva che illumina l'interno della chiesa e non solo le singole cappelle. Suger, a Saint-Denis, colloca le finestre in basso, ad altezza d'uomo, in modo che la luce possa circondare l'osservatore. La disposizione delle cappelle intorno al coro, così come le dimensioni e la posizione delle finestre in ogni cappella, crearono essenzialmente una prima parete di vetrate all'estremità orientale della chiesa, un concetto che si ritrova nello sviluppo delle cattedrali successive. Con la luce diretta da est al mattino in estate o da sud-est in inverno, la luce solare sarebbe penetrata nelle cappelle in misura sufficiente a superare i confini tipici delle cappelle e a raggiungere il deambulatorio e l'abside interna. Il desiderio di irradiare luce sentito da Suger, è il percorso ascensionale verso il cielo, di una celebrazione di Dio attraverso la luce pura. Saint-Denis sembra incarnare l'uso del vetro colorato ed è spesso ha influenzato i successivi progetti gotici. Per molti storici dell'architettura, Saint-Denis rimane l'inizio del gotico, grazie ai suoi principi di ordine e all'uso della luce e delle vetrate, che illustrano una progressione dallo stile romanico scuro e additivo a una struttura gotica integrata. L'attenzione di Saint-Denis per la qualità della luce continuò ad essere una forte caratteristica dell'architettura gotica per centinaia di anni. ---------- Considerazioni importanti circa l’epoca in cui visse Suger: Valuta Libbra carolingia, in latino “Libra”. Era sia un’unità di conto che una unità di peso. Si tratta, in peso, di 408 grammi di argento odierni e, convertita in moneta, valeva 20 Solidi o Soldi, in latino “Solidus” o 240 Denari, in latino “Denarius”. Regno Suger visse nel periodo storico in cui regnò Luigi VI, detto il Grosso, in francese “Louis VI le Gros” (Parigi, 1º dicembre 1081 – Béthisy-Saint-Pierre, 1º agosto 1137), fu re di Francia dal 1108 alla sua morte. Fu il quinto re di Francia della Dinastia Capetingia. Egli fu promotore delle associazioni commerciali dei borghesi delle città, garantì le proprietà delle abbazie, combatté fermamente il brigantaggio e regolò i conflitti fra i suoi vassalli tramite una giustizia reale, ma, soprattutto su consiglio dell'abate Suger di Saint-Denis, ebbe un alto concetto della regalità, che riuscì a imporre su tutto il territorio nazionale. Luigi venne allevato assieme a Suger, che diverrà abate di Saint-Denis. I due diventarono molto amici e in seguito Luigi lo promosse suo consigliere. Alcuni fatti accaduti all’epoca in cui visse Suger • Suger libera gli abitanti del comune di Saint-Denis e alcune famiglie del comune di Saint-Marcel dalla “servitù dell'uomo morto”. Tale servitù, definita anche “mano morta” era un tributo o una tassa che i servi dovevano pagare al signore feudale alla morte di un membro della famiglia, una sorta di compensazione per la perdita di manodopera e poteva includere beni, denaro o servizi. Era una delle molte forme di obblighi feudali che legavano i contadini ai loro signori. Dice infatti Suger, in un passo delle sue “chartes”, carteggio in lingua latina: “Vogliamo quindi rendere chiaro all'età presente e ai futuri posteri che i cittadini e gli abitanti della città del Beato Dionigi sono molto gravati e afflitti dall'imposizione della peggiore usanza, che è chiamata <>, e poiché al tempo del nostro predecessore l'abate Yvon aveva consultato la volontà del cavaliere, essi sono molto gravati ed afflitti, non di diritto per l'antica consuetudine, ma con l'ambiziosa introduzione di nuove esazioni. Essi sono venuti al nostro cospetto, implorando umilmente con implorazioni e preghiere, di liberare loro e i loro eredi dal giogo di una così malvagia tassazione e oppressione.” Grazie a queste disposizioni, emanate una domenica di Marzo dell’anno 1125, furono donate all’abate Suger 200 libbre (20 Solidi) per rinnovare e decorare l’ingresso del monastero di Saint-Denis • Suger assolve Alberto, conte di Mosbach, dalla scomunica da lui subita per aver sequestrato diversi domini dell'abbazia di Saint-Denis. In seguito al suo matrimonio con la figlia di Teodorico di Monte Beliardo, si impossessò della proprietà di alcuni possedimenti di Saint-Denis, nello specifico quelli di Blitestorp, Tatingum, Sulces, Fardulviler, Fehingas, Viler, Hoenchirche, Torneswile, Pretene. Questa azione procurò ad Alberto, conte di Mosbach, una scomunica poiché venne considerata “sacrilegio”. A seguito delle implorazioni e del pagamento di cinque once d’oro (circa 142 grammi), Suger rimosse l’anatema. • Suger ratifica la vendita di un appezzamento di terreno edificabile posto di fronte a Saint-Denis. Il proprietario era “Girardo Hospitalarius” che vendeva al nuovo proprietario, “Roberto l'orafo”. La ratifica, che consentiva a Roberto l'orafo la piena disponibilità del terreno, in cambio del versamento annuale di un cucchiaio d’argento del peso di un’oncia (circa 28,35 grammi di argento) . • Suger riceve in regalo dal re “Luigi il Grosso” un terreno situato vicino a Lendit. • Suger istituisce, come suo testamento, l’istituzione di una messa quotidiana e di una messa solenne annuale da effettuarsi dopo la sua morte. Queste ricorrenze avranno il compito di facilitare la raccolta di elemosine da dedicare ai lavori e al sostentamento di Saint-Denis. • Suger fa una donazione al tesoro di Saint-Denis, per la manutenzione degli ornamenti della chiesa, diverse cure dipendenti dalla prepositura di Berneval, e il villaggio di La Carrière, da lui recentemente fondato. • Suger stabilisce per testamento che, nel giorno della sua morte, sarà donata la chiesa di Saint-Jean alla chiesa di Saint-Paul, situata a Saint-Denis, ovvero: un chiostro, le case esistenti, la possibilità di edificare altre case per i canonici nonché diversi privilegi e rendite, con l'incarico di celebrare solennemente il suo compleanno e le due feste di San Paolo, e pregare per i religiosi defunti dell'abbazia. • Suger costruisce il villaggio di Vaucresson, donando terre e privilegi a coloro che decideranno d’insediarsi e abitare questo nuovo villaggio. Alcune considerazioni circa il contesto storico in cui ha vissuto e operato Suger Suger, abate di Saint-Denis, fu una figura fondamentale nello sviluppo dell'architettura gotica e della politica francese medievale. Nato nel 1081, Suger divenne un influente consigliere dei re Luigi VI e VII di Francia. Come abate, supervisionò la ricostruzione della chiesa abbaziale di Saint-Denis, che divenne un punto di riferimento nel passaggio dall'architettura romanica a quella gotica. Questo progetto ha introdotto innovazioni architettoniche come l'arco a sesto acuto, la volta a costoloni e l'ampio uso di vetrate, incluso un rosone, che sono diventati elementi distintivi dello stile gotico. Di umili origini, Suger, che il padre Elinando volle donare come oblato al convento di Saint-Denis, svolse nella sua vita una quantità di ruoli diversi: l'abate, il consigliere di due re, il mediatore tra la monarchia e la Chiesa di Roma, il reggente del regno di Francia durante la seconda crociata, l'amministratore, il riformatore della vita monastica, raggiungendo in tutti - in contrasto con la piccolezza del suo corpo - una eccezionale statura. Suger è nato da genitori contadini. Da bambino mostrò un'intelligenza insolita e nel 1091 fu portato nella vicina abbazia di Saint-Denis (patrono della Francia) per essere educato dai monaci. Il suo più caro amico e compagno di scuola all'abbazia era Louis Capet, un ragazzo della sua età. Questo ragazzo divenne re Luigi VI nel 1108. Suger divenne segretario dell'abate Adam di Saint-Denis e stretto consigliere del re. Come segretario dell'abate Adam, Suger compì varie missioni diplomatiche presso Henry Beauclerc di Normandia, che era anche re Enrico I d'Inghilterra e figlio di Guglielmo il Conquistatore. Suger rimase molto colpito dall'amministrazione forte e ordinata del sovrano normanno, che contrastava con il caotico feudalesimo in Francia. Saint-Denis, santuario del santo che avrebbe portato il cristianesimo in Gallia, era oggetto di grande venerazione. Suger vedeva il suo destino e quello della corona francese come permanentemente legati. Credeva che sottolineando ed ampliando il ruolo del re come vassallo di Saint-Denis avrebbe potuto unire il re e i suoi nobili sotto un'idea in cui potevano credere reciprocamente. Suger vide anche che il re poteva e doveva essere protettore dei contadini e della classe media. Nel 1122 Suger fu eletto abate di Saint-Denis. Poco dopo ebbe l'occasione di mettere alla prova la sua teoria sul potere cementante della teoria simbolica di Saint-Denis. Nel 1124 l'imperatore del Sacro Romano Impero Enrico V invase le terre governate dal re Luigi VI. Luigi entrò in battaglia portando l'Orifiamma, lo stendardo di Saint-Denis, che normalmente riposava nella chiesa insieme alle reliquie del santo. Come risultato del suo appello (e di Suger) alla venerazione della nobiltà per il santo, fu seguito da un esercito di nobili più numeroso di quanto avesse mai giurato fedeltà a lui o a suo padre in precedenza. L'esercito di Luigi e degli Orifiamma era così formidabile che Enrico V si ritirò senza combattere. Sebbene Suger non fosse un asceta ma un uomo ragionevole e umano in un periodo di estremi violenti, guidò nuovamente i monaci di Saint-Denis a una vita di maggiore pietà e osservazione religiosa rispetto a quella che avevano conosciuto sotto l'abate Adam. Sotto l’amministrazione di Adam i monaci avevano acquisito notorietà per essersi comportati in modo eccessivamente secolare. Suger corresse questa situazione su sollecitazione di Bernardo, abate di Chiaravalle. Suger collaborò in questa e molte altre questioni con Bernard, che era uno stretto consigliere del papa e all'epoca il più grande leader spirituale in Europa. Avrebbe potuto essere sia un potente nemico che un alleato. Suger scelse di essere suo alleato. Dopo la morte di re Luigi nel 1137, il suo successore, Luigi VII, rifiutò il ruolo di Suger come principale consigliere, e Suger concentrò tutti i suoi sforzi per i successivi cinque anni sul completamento della ricostruzione della chiesa di Saint-Denis, che era caduta in rovina. Si ritiene che sia stato l'ispirazione dietro molte delle innovazioni architettoniche impiegate nel progetto, che, essendo uno dei primi edifici gotici, includeva un uso originale dell'arco a sesto acuto (invece che a tutto sesto) e della volta a costoloni e un ampio uso di vetrate, compreso un rosone nella facciata. I suoi scritti su quest'opera dimostrano la sua fede nella qualità spirituale della luce negli scritti di Giovanni Scotto e di "Dionigi", più tardi noto come lo pseudo-Areopagita. Come penitenza per le tante vite che aveva tolto durante la guerra con Thibaut, Luigi VII fu esortato da Bernardo di Chiaravalle a condurre una crociata per liberare la Terra Santa dai musulmani. Suger si oppose fermamente a ciò e tentò senza successo di far cambiare idea al re. Per la prima volta Suger si oppose ai desideri del giovane re debole, nonché a quelli di Bernardo e del papa. L'11 giugno 1147 Luigi e la regina Eleonora partirono per la seconda crociata. Luigi VII lasciò la sua corona all'abate Suger, che fu nominato reggente in sua assenza. La Crociata fu una perdita disastrosa, ma in patria Suger governò bene, nonostante il grande drenaggio finanziario dei fondi a sua disposizione. Ideò nuovi e più equi mezzi di tassazione, approvò leggi che impedivano la deforestazione e represse una rivolta di un gruppo di nobili che progettavano di nominare re Roberto, conte di Dreux e fratello di Luigi VII, in sua assenza. Quando nel 1149 Luigi tornò dalla Crociata, molti credevano che Suger non avrebbe restituito la corona, ma si sbagliarono. Nel 1150 lo stesso Suger, con Bernardo, fece progetti per un'altra crociata. Ma nel 1150, prima che fosse iniziata, Suger si ammalò di malaria. Morì nel gennaio 1151. Nel 1142 Luigi VII conquistò le terre appartenenti al suo vassallo più potente, Thibaut, conte di Champagne. Ne risultò la guerra civile. L'appoggio del potente Thibaut era sempre stato vitale per la monarchia francese, e il giovane re faceva la guerra in modo feroce e irrazionale. Suger intervenne come consigliere attivo di Luigi VII, come aveva sempre fatto con suo padre, e negoziò un trattato di pace tra Thibaut e Luigi. Il trattato è stato firmato in occasione della cerimonia di inaugurazione della chiesa di Saint-Denis, una meraviglia architettonica. L'abate Suger di Saint-Denis è famoso per il suo ruolo straordinario nello sviluppo dell'architettura gotica. I suoi scritti hanno offerto da subito preziose testimonianze sulle sue idee e sui progetti che ha realizzato, oltre che sugli accadimenti della sua epoca. Nei suoi scritti, Suger illustra i dettagli tecnici e le descrizioni delle innovazioni architettoniche che forniscono una preziosa testimonianza delle origini dell'architettura gotica, evidenziando l'importanza di Saint-Denis come prototipo per le future cattedrali gotiche. Saint-Denis era un importante centro religioso e politico, poiché ospitava le tombe dei re francesi. L'abate Suger, desiderando migliorare e ampliare la basilica per riflettere la potenza e la gloria della monarchia francese, decise di intraprendere una vasta ristrutturazione dell'edificio. Il cantiere della basilica di Saint-Denis, avviato sotto la sua guida, è considerato uno dei più cruciali nella nascita e nello sviluppo dell'architettura gotica. Fin dai primi anni della sua direzione a Saint-Denis, Suger aveva cominciato a raccogliere i fondi per la ricostruzione e la decorazione della basilica, e quando morì la lasciò rinnovata dalle fondamenta e colma di tesori. La luminosità fisica dell’opera d’arte illuminerà al mente di chi la contempla di una luce spirituale. (Erwin Panofsky, storico dell'arte e saggista tedesco naturalizzato statunitense, lo paragona ai moderni direttori di musei, nel suo procurarsi vasi rari, oggetti di gran pregio, vetrate, smalti, tessuti ecc.) Gli Scritti di Suger 1. Vita di re Luigi il Grosso (in latino, titolo originale: “VITA LUDOVICI GROSSI REGIS”) 2. L’Amministrazione Abbaziale (in latino, titolo originale: “DE REBUS IN ADMINISTRATIONE SUA GESTIS”) 3. Disponiamo inoltre di una raccolta di lettere 4. Scriptum consecrationis ecclesiae sancti Dionysii (di cui si conserva una copia manoscritta nella Biblioteca Apostolica Vaticana (Codice Reg. Lat. 571) Il Pensiero di Suger Per Suger esistono 3 verità: - Il re di Francia è vicario di Dio, ciò comporta che il re non deve mai sbagliare. - Il re di Francia ha il diritto e il dovere di reprimere le forze fomentatrici di conflitti interni. - Il potere e l’unità della nazione sono simboleggiati dall’Abbazia di Saint-Denis. Suger è stato anch un grande uomo d’affari con 2 obiettivi: rafforzare il potere della corona di Francia e potenziare l’abbazia di Saint-Denis, che ne costituisce il simbolo. Suger era amante dello splendore e della bellezza in ogni sua forma. Suger appartiene a coloro che, per citare una sua frase, “sono uomini d’azione in conseguenza dei loro uffici ecclesiastici” (e i cui rapporti con la vita “contemplativa” si limitano a un benevolo patrocinio). Appassionato dei classici, uomo politico, soldato e giureconsulto, egli fu un protoumanista (cfr. Erwin Panofsky). In nessuna circostanza mostra il minimo interesse per le grandi controversie teologiche ed epistemologiche del suo tempo, ad esempio sul dibattito tra fede e ragione. Nelle parole, ovvero nel pensiero di San Denis (San Dionigi), Suger aveva avuto la fortuna di scoprire una filosofia cristiana che, al contrario di San Bernardo di Chiaravalle, gli permetteva di salutare la bellezza materiale come veicolo di beatitudine spirituale, anziché costringerlo a rifuggire da essa come una tentazione, e di concepire l’universo come un’armonia di colori, piuttosto che di un monotono ‘bianco e nero’. Suger peccava di vanità? Probabilmente si! In lui vi era un appassionato desiderio di autoperpetuazione. Pretese l’onore di un anniversario, mettendosi di fatto sullo stesso piano di un re. Apertamente rese grazie a Dio per aver riservato il compito di ricostruire la chiesa “alla sua vita e alle sue forze”. Numerosi ritratti di lui nelle vesti di donatore furono disposti strategicamente sull’asse maggiore della basilica: due all’entrata principale, un terzo ai piedi della grande croce che dominava l’arco di accesso del nuovo coro superiore e poteva essere visto quasi da ogni punto della chiesa. Suger vuole accogliere sempre più laici all’interno della casa di Dio, ma vuole farlo senza inconvenienti e senza resse, indi ha bisogno di una chiesa più grande. Suger rivela nei suoi scritti una grande ammirazione per la bellezza del creato, le sue luci e i suoi colori. Questa sensibilità naturale aveva trovato uno straordinario supporto negli scritti di Dionigi l'Areopagita che egli, sbagliando, ancora identificava con il Dionigi amico di san Paolo e nello stesso tempo con il primo vescovo di Parigi, apostolo del cristianesimo in Francia, che aveva dato il suo nome all'abbazia in cui era custodito il suo corpo. L'ammirazione per la luce e il colore delle vetrate si estende alle meravigliose decorazioni immaginate dall'abate per le suppellettili liturgiche, la grande croce, il paliotto dell'altare, il tempietto dei reliquiari. Oro, perle e pietre preziose sono considerati da Suger materie necessarie in questi oggetti di venerazione per due ordini di ragioni. La prima è quella di manifestare la gratitudine verso Dio per aver creato materie di suprema bellezza che innalzano il pensiero verso le bellezze spirituali, la seconda è il richiamo alla Scrittura, all'Esodo, ai Salmi, al libro di Ezechiele e all'Apocalisse di san Giovanni (che Suger non cita ma dimostra di aver ben presente). Oltre alle perle, le pietre scelte per il paliotto, la grande Croce e i reliquiari sono il sardonico, il topazio, lo jaspide, il crisolito, l'onice, il berillo, lo zaffiro, il carbuncolo e lo smeraldo, le stesse pietre, con poche varianti, del pettorale di Aronne o delle vesti del re di Tiro, ma anche le pietre del basamento della Gerusalemme celeste descritta nell'Apocalisse (21, 19-21): "Le fondamenta delle mura della città sono adorne di ogni sorta di pietre preziose: il primo fondamento è diaspro, il secondo zaffiro, il terzo calcedonio, il quarto smeraldo, il quinto sardonico, il sesto sardo, il settimo crisolito, l'ottavo berillo, il nono topazio, il decimo crisopraso, l'undecimo giacinto, il dodicesimo ametista. E le dodici porte sono dodici perle". Alcune innovazioni in ambito architettonico, stilistico e architetturale di Suger Contrafforti Esterni: Questi supporti esterni permettevano la costruzione di muri più sottili con ampie finestre. Luce e Spazio: l'uso strategico della luce attraverso le vetrate colorate e la progettazione spaziale migliorava l'esperienza spirituale e visiva. Cura per gli operai e gli artigiani: ascoltava i suggerimenti degli artigiani e degli architetti, incoraggiando un ambiente collaborativo. L'organizzazione del cantiere di Saint-Denis sotto Suger divenne un modello per i progetti di costruzione gotica successivi. Le innovazioni introdotte e la gestione efficiente del progetto influenzarono la costruzione di altre cattedrali gotiche in Europa, stabilendo nuovi standard per l'architettura sacra Vuole inoltre presentare le reliquie nella maniera più nobile e solenne possibile. La fede profonda che permea ogni azione di Suger costruttore, gli fa riconoscere l'amore provvidenziale e miracoloso del Creatore in ogni felice evento della costruzione: il rinvenimento di una cava di pietra, il rinvenimento di pietre preziose o degli alberi necessari per ricavarne delle travi, alla insperata resistenza delle strutture incompiute alla furia di una tempesta. Narra Suger: "Ma una notte, rientrato dal mattutino, cominciai a pensare a letto che io stesso avrei dovuto percorrere tutte le foreste di queste zone (...) Mi liberai in fretta da altri impegni e uscii prestissimo; ci dirigemmo rapidamente, portando con noi i nostri carpentieri e le misure delle travi, alla foresta chiamata Iveline (...) radunammo i guardaboschi e tutti quelli che conoscevano le altre foreste e chiedemmo loro sotto giuramento se fosse possibile trovare anche con grandi difficoltà, tronchi di quelle misure. A questa domanda si misero a ridere, o meglio ci avrebbero riso in faccia se avessero osato farlo; si meravigliarono che ignorassimo che nulla del genere si poteva trovare in tutta la regione (...) Ma noi cominciammo con il coraggio della fede, per così dire, a cercare per i boschi, e dopo un'ora avevamo trovato un tronco rispondente alle misure. Che dire di più? Dopo otto ore, o forse meno, per macchie, folti, recessi spinosi invalicabili, avevamo già contrassegnato dodici tronchi". Nelle opere di ricostruzione di ambienti ecclesiastici, l'architectus si concentra su alcuni elementi ben precisi, i cori come centri liturgici, le facciate con le loro decorazioni e le pareti con grandi aperture per la luce. Il tema della luce diventa a tutti gli effetti l’elemento caratterizzante questi nuovi costruttori, che in alcuni casi, come Suger di Saint-Denis, sono anche cronisti e committenti. Si arriva ad un'interpretazione metafisica della luce come elemento portatore di trasparenza e chiarificazione strutturale per la manifestazione dei principi di fede[6]. Le prime cattedrali ricostruite di questo periodo esaltano il principio delle semplificazioni, delle unità compatte e delle proiezioni longitudinali e verticali. Si soddisfano nuove esigenze di visibilità derivate dal rito romano dell'elevazione eucaristica, introdotto intorno alla fine del XII secolo, una sorta di comunione per visione attuata attraverso una diretta e coinvolgente partecipazione dei fedeli. Alcune innovazioni in ambito politico strategico ed economico di Suger Raccolta Fondi e Donazioni: ottenere fondi sufficienti era cruciale. Suger raccolse donazioni da nobili, clero e fedeli. La stretta relazione con la monarchia francese facilitò il supporto finanziario. Amministrazione delle Risorse: Suger tenne una gestione meticolosa delle risorse, assicurando che ogni fase del progetto fosse finanziata adeguatamente. Importante era garantire una fornitura costante di materiali di alta qualità. Suger negoziava contratti e gestiva la logistica per assicurare che pietre, legno, vetro e altri materiali fossero disponibili quando necessario. Massiccio e competente uso delle decorazioni: "Quando” - scrive Suger – “l'incanto delle pietre multicolori mi ha strappato alle cure esterne, e una degna meditazione mi ha indotto a riflettere, sulla diversità delle sacre virtù, trasferendo ciò che è materiale a ciò che è immateriale, allora mi sembra di trovarmi, per così dire, in una strana regione dell'universo che non sta del tutto chiusa nel fango della terra né è del tutto librata nella purezza del Cielo; e mi sembra che, per grazia di Dio, io possa essere trasportato da questo mondo inferiore a quello superiore per via anagogica". Quell'incanto delle pietre multicolori, capace di trasportare chi l'osserva in "un altro mondo", da immagine intima e personale era destinata a tradursi, a partire dal coro di Saint-Denis, passando dalla scala della decorazione a quella dell'architettura, in una inesauribile pluralità di immagini spaziali vibranti di luce e di colore nel percorso, durato cinque secoli, dell'architettura gotica: una delle massime espressioni artistiche dell'Europa cristiana. Un utilizzo cosciente e sistematico dell'arco a sesto acuto e del sistema costruttivo ad esso collegato si verifica per la prima volta nella prima metà del XII secolo con la ricostruzione del coro della basilica di Saint-Denis. In questa fabbrica vengono presentati gli elementi fondanti dello opus Francigenum, che rappresentano il cuore di quella che sarà indicata come arte gotica: l’arco acuto o a ogiva, la volta a ogiva costolanata, l’arco rampante, i pinnacoli e il sistema ingegneristico che lega questi elementi per snellire le murature, portando i carichi all'esterno, e consentendo un loro maggiore innalzamento[2]. Su tutto emerge l’equilibrato studio della statica e della distribuzione dei pesi, sinonimo di evoluzione della tecnica di costruzione, che ha reso possibile che questi elementi potessero poggiare su altissime mura poco spesse e con ampie vetrate per innalzare e avvicinare simbolicamente l’uomo a Dio e far entrare la luce di Dio nelle abbazie del tempo.

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